Le bugie sull'URSS al tempo di Stalin

(1924-1953)

Stalin, un nemico del culto della personalità

Testo apparso in "Gegen Die Stömung", organizzazione per la costruzione di un Partito comunista rivoluzionario tedesco, luglio/agosto 1996, in francese maggio 1998

http://membres.lycos.fr/edipro/page18.htm

Sin dal famoso e controverso "discorso segreto" di Kruscev al XX congresso del PC dell’Unione Sovietica nel 1956, un rimprovero assai noto mosso a Stalin è che egli avrebbe iniziato e imposto al partito un "culto della personalità" votato a lui stesso.

Non si può certo negare che circolassero in Unione Sovietica idealizzazioni e lodi a Stalin ridicolmente esagerate, come pure valutazioni troppo grandi e formali dei suoi meriti e della sua persona, che non di rado sfioravano la retorica.

Tuttavia Stalin era nemico di ogni forma di culto della personalità, e combattè sempre con insistenza l'idealizzazione di singoli individui.

« Lenin ci insegna che possono essere grandi dirigenti bolscevichi solo coloro che sanno sia insegnare agli operai e ai contadini, sia imparare da loro » (Stalin, "Domande sul leninismo", 1939, da noi tradotto a partire dall’edizione tedesca).

Egli ha parlato in modo molto autocritico del proprio lavoro e dei propri errori (vedi Opere di Stalin, Tomo I, la Prefazione dell'autore), combattendo esagerazioni e adulazioni.

Così, in una lettera del 16 febbraio 1938 indizzata alle edizioni "Djestisdat" (Edizioni del libro per bambini) accanto al Komsol, Stalin, interpellato in proposito, si oppose alla pubblicazione di un libro dedicato alla sua persona. Ecco il testo della lettera:

« Mi oppongo energicamente alla pubblicazione del "Racconto sull'infanzia di Stalin". Questo libro contiene innumerevoli affermazioni che non corrispondono ai fatti, deformazioni, esagerazioni e lodi immeritate. Gli autori finiscono per confondere i lettori, sono bugiardi (seppur, forse, in buona fede) e adulatori. So che queste considerazioni risulteranno dolorose per loro, ma un fatto resta un fatto. E non è questo il punto il più importante. Il punto il più importante è che il libro tende ad instillare nella coscienza dei bambini sovietici (e degli uomini in generale) il culto della personalità, il culto del dirigente, il culto degli eroi che non sbagliano mai. Ciò è pericoloso e nocivo. La teoria degli "eroi" e della "massa" non è una teoria bolscevica, ma una teoria dei socialdemocratici. Gli eroi danno risalto al popolo, lo trasformano da una massa in un popolo - affermano i socialdemocratici. È il popolo a dare risalto agli eroi – rispondono i bolscevichi ai socialdemocratici. Ogni libro di questo tipo aiuterà il lavoro dei socialdemocratici, e danneggerà l'insieme del nostro lavoro bolscevico. » (La lettera di Stalin, pubblicata nel 1953 nel "Voprosy istorij" (Domande della storia) N°11, è citata e tradotta da noi sulla base di J.W.Stalin, Werke, Erganzungsband 1929-1952, Berlino)

Stalin disapprovava comportamenti e atteggiamenti di sottomissione nei confronti della sua persona (così come nei confronti di ogni uomo) considerandoli cosa inutile, retorica intellettuale e non comunista. « Lei parla della sua "devozione" alla mia persona. Forse queste parole le sono sfuggite per caso. Forse. Se non è così, allora le consiglio di sradicare il principio stesso della "devozione" nei confronti delle persone, perché ciò non ha nulla a che vedere con il pensiero bolscevico». (Stalin, Lettera al compagno Schatunowski, 1930, tradotto da noi sulla base di Werke, Band 13, p. 17)

Anni dopo, nel 1946, egli scriverà al colonnello dell’Armata Rossa professor dr. Rasin, che aveva lodato con esaltazione l’operato di Stalin nel respingere gli attacchi della Wermacht nazista all'Unione Sovietica: « Persino l’orecchio è ferito per le lodi a Stalin, è semplicemente penoso leggerle. » (Stalin, risposta, 23 Febbraio 1946, pubblicata nel "Neue Welt", quaderno 7, aprile 1947, p.23-25, tradotto da noi sulla base di Werke, Band 15, p.58)

 

 

Stalin e il massacro di Katyn

Oleg Shenin - Il ruolo di J.V. Stalin e del Partito Comunista (Bolscevico) dell'Unione Sovietica nella grande guerra patriottica del 1941-1945

http://www.geocities.com/komintern_doc/komintern022.htm

Con una ostinazione maniacale, la borghesia si industria ad inculcare nella coscienza collettiva il mito delle "crudeltà di Stalin" a proposito dell'esecuzione nell’aprile 1940 – ad opera delle truppe del Ministero dell’Interno nel bosco di Katyn, vicino a Smolensk – di 10.000 ufficiali polacchi. Nel 1993, accecato da un anticomunismo feroce, il regime di Boris Eltsin ha riconosciuto, per interesse politico, questa falsificazione, questa gigantesca provocazione. Infatti, ancor prima della liberazione di Smolensk da parte dell'Armata Rossa, gli esperti internazionali della commissione inviata dai tedeschi avevano avuto modo di constatare che le pallottole nei cadaveri erano di marca tedesca (GEZO, serie D, calibro 7,65). L’8 maggio 1943, il bugiardo patologico Goebbels scriveva nel suo diario: «Purtroppo (che sfortuna) sono state trovate munizioni tedesche nelle fosse di Katyn...Se il nemico è conoscenza di questo fatto, saremo costretti a rinunciare a tutta la storia di Katyn. » L'emigrazione polacca, il "governo in esilio" di Sikorsky, hanno particolarmente insistito in questa versione. Stalin ha energicamente dichiarato: « Sbarazzeremo la Polonia dal Governo emigrato.» Ha categoricamente respinto che esistesse una «pressione sul governo sovietico nell’intento di strappargli rivendicazioni territoriali nei confronti dell’Ucraina sovietica, della Bielorussia sovietica e della Lituania sovietica.» In un colloquio privato, Roosevelt dichiarò che una parte importante del suo elettorato era di origini polacche e baltiche...E benchè «egli fosse personalmente d'accordo con Stalin circa lo spostamento del confine russo-polacco verso ovest ... non poteva appoggiare pubblicamente tale programma in quel momento. »

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Nei primi due anni che seguirono la vittoria sulla Germania, la maggior parte dei giornali mantenne (salvo rare eccezioni) un certo ritegno nelle accuse e negli attacchi velenosi contro l’Unione Sovietica. Ma a partire dal 1947 si scatenò un tale diluvio di infamie che è impossibile contarle, tanto esse furono numerose e quotidiane. La palma del più assiduo spetta senza dubbio al settimanale gollista Carrefour. Quest’ultimo pubblicò una vignetta in cui appaiono due soldati russi, con il caratteristico copricapo mongolo dalla stella rossa, ovviamente trasandati e scheletrici. Non hanno il coltello fra i denti ma un revolver in mano, e ai loro piedi giace un ufficiale polacco assassinato. È lo stesso disegno, appena ritoccato, apparso nel 1943 nel giornale di Goebbels "Das Reich", al momento della macabra messinscena della "fossa di Katyn"! (Fernand Grenier, Au pays de Staline, 1950, Edition numérique, p.43.)

 

 

Stalin e le perdite umane sovietiche  della Seconda Guerra Mondiale Imperialista

La borghesia, non rinunciando a nessuna menzogna pur di indurre a credere che il compagno Stalin non accordava alcun valore alla vita umana, non esita a fargli dire il contrario di ciò che in realtà ha detto.

Innanzitutto, occorre ricordare che la borghesia stima le perdite umane "fra i 17 e i 26 milioni per l'Unione Sovietica" (Encarta 2004, Bilancio della Seconda Guerra Mondiale)

A fronte di ciò, la borghesia afferma dunque che "Stalin tenta di minimizzare il salasso in vite umane, riconescendo soltanto 7 milioni di morti" (Encarta 2004; Prezzo e conseguenze della Seconda Guerra Mondiale in URSS)

C'è in tutto questo una parvenza di verità? Per nulla! Non solo Stalin riconosceva che l'URSS aveva subìto perdite ben più pesanti, ma le evocava anche con maggior insistenza per ricordare agli imperialisti inglesi e americani, fautori della guerra, il ruolo decisivo dell’Unione sovietica nella vittoria contro il nazismo.

Così, nella sua "Intervista sul discorso del signor Churchill a Fulton", nel marzo 1946 (meno di un anno dopo la fine della guerra), Stalin ricordava a Churchill che:

«In seguito all’invasione nazista l'Unione Sovietica ha perso – nei combattimenti con i tedeschi, durante l'occupazione e con la prigionia – circa 17 milioni di persone. Altrimenti detto, le perdite dell'Unione Sovietica oltrepassano di molte volte quelle dell’Inghilterra e degli Stati Uniti messe insieme. È possibile che in certi luoghi si possa tendere a dimenticare queste perdite colossali per il popolo sovietico, che hanno permesso la liberazione dell’Europa dal giogo nazista. Ma l'Unione Sovietica non può certo dimenticarle.» (Stalin, Opere, Tomo XVI (1941-1949), NBE, 1975, p.212-213)

Si può notare ancora una volta come la borghesia abbia "ammirevolmente" fatto propria la prassi delle "bugie alla Goebbels"!

 

 

"Stalinismo" : alcune osservazioni sui processi di Mosca

http://users.skynet.be/roger.romain/proces_de_moscou.htm

Sul forum "Pace socialismo comunismo" si faceva questione dei famosi processi di Mosca degli anni '30, promossi contro delitti imputabili allo "stalinismo". D’altra parte, questi processi tornano puntualmente agli onori della stampa, libri e giornali, come veri slogan che la propaganda anticomunista non si cura mai nè di approfondire nè di smentire.

Li richiamo dunque, facendo ricorso alle osservazioni e alle testimonianze d'epoca seguenti:

Estratti del libro, pubblicato nel 1943 a Zurigo, di J.E. Davies «Ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca. Relazioni autentiche e confidenziali sull'Unione Sovietica fino all’ottobre 1941.»

Davies ha seguito – tutti i diplomatici potevano farlo – i processi di Mosca, come osservatore (era giurista).

Il 17 Marzo 1938 egli inviò a Washington le sue impressioni sul processo di Bukharin e altri a Mosca. Il dispaccio è così concepito (estratti):

«Nonostante i miei pregiudizi (...) dopo aver osservato quotidianamente i testimoni e il loro modo di deporre, e in ragione di fatti finora sconosciuti, giustificati (...) sono arrivato alla conclusione che gli accusati abbiano effettivamente violato le leggi sovietiche enumerate negli atti d'accusa. Le stesse, confermate nel contraddittorio, provano le accuse d'alto tradimento e giustificano le condanne emesse contro di loro. L'opinione dei diplomatici che hanno assistito regolarmente ai dibattiti è stata unanime: il processo ha denunciato l'esistenza di una congiura d'opposizione politica di altissimo livello. Il processo ha permesso loro di capire fatti che erano fino ad allora incomprensibili.» (p. 209)

Davies aveva già nel 1937 assistito al processo di Radek e altri, e il 17 febbraio dello stesso anno aveva inviato un rapporto in merito al Segretario di Stato degli Stati Uniti. In esso affermava (p.33):

«Una ragione oggettiva (...) mi ha fatto concludere – a malincuore - che lo Stato ha realmente provato le accuse. Non esiste alcun dubbio sull'esistenza di una cospirazione assai grave fra i dirigenti contro il governo sovietico, e sul fatto che le violazioni della legge indicate nei capi d'accusa siano realmente state commesse, e siano dunque punibili. Ho parlato con praticamente tutti i membri del corpo diplomatico qui presenti, e tranne, forse, una sola eccezione, tutti sono dell’avviso che i dibattiti abbiano stabilito l’effettiva esistenza di un piano segreto e di una cospirazione miranti ad eliminare il governo.»

Nel suo diario, l’11 Marzo 1937, Davies ha annotato quest'episodio:

«Un altro diplomatico ha fatto ieri una considerazione istruttiva. Parlavamo del processo ed egli ha affermato: "Gli accusati sono senza alcun dubbio colpevoli, abbiamo tutti assistito al processo, siamo unanimi. Ma per il mondo esterno, al contrario, le descrizioni del processo hanno il carattere di una messinscena". Sapeva come ciò non rispondesse al vero, ma apparentemente era bene che il resto del mondo avesse questa impressione.» (p.86)

Davies parla di numerosi arresti ed "epurazioni" avvenuti il 4 luglio su ordine del ministro degli Affari esteri Litvinov.

A proposito di quest’ultimo, riporta:

«Litvinov (...) ha dichiarato che grazie a queste epurazioni è certo che nessun tradimento a favore di Berlino o Tokyo sarebbe più possibile. Un giorno il mondo capirà che ciò che è stato fatto era necessario. Occorreva che proteggessero il loro governo da questo "tradimento minaccioso". In effetti, hanno reso servizio al mondo intero, preservando dal pericolo del dominio mondiale dei nazisti di Hitler. L'Unione Sovietica è un forte bastione contro il pericolo nazionalsocialista. Verrà un giorno in cui il mondo intero potrà riconoscere quale grande uomo fu Stalin.» (p.128)

Ricca d’insegnamenti è anche la descrizione della conversazione avuta con Stalin, contenuta nella lettera del 9 giugno 1938 a sua figlia. Egli rimase impressionato dalla personalità di Stalin:

«Se riesci ad immaginare un personaggio totalmente diverso, in tutti i sensi, da ciò che i suoi più feroci avversari sono arrivati a descrivere, allora hai un'immagine di quest’uomo. La situazione che constato qui e la sua personalità sono diametralmente opposte. La spiegazione di questo risiede forse nel fatto che questi uomini sono pronti a fare per una religione o una "causa" ciò che non avrebbero mai fatto altrimenti.» (p. 276)

Dopo l'aggressione dell'Unione Sovietica da parte dei fascisti, Davies riassume le sue opinioni nel 1941 affermando che «i processi per alto tradimento hanno messo in rotta la quinta colonna di Hitler». (p.209)

Nel 1936 ebbero luogo i processi contro Zinoviev e altri. L'avvocato britannico D.N. Pritt (K.C.) potè assistervi. Scrisse le sue impressioni nel libro "From Right to Left" uscito nel 1965 a Londra.

«La mia impressione è che il processo sia stato condotto equamente, e che gli accusati fossero realmente colpevoli. La stessa sensazione è condivisa da tutti i giornalisti con i quali ho potuto parlare. E certamente pensavano la stessa cosa tutti gli osservatori stranieri (ce n’erano molti, soprattutto diplomatici). Ho sentito uno di loro affermare: "Naturalmente, sono colpevoli. Ma per ragioni di propaganda, dobbiamo negare.» (p. 110-111)

Dalle affermazioni di esperti di legge quali i non-comunisti Davies e Pritt, appare evidente che gli accusati dei processi di Mosca del 1936, 1937 e 1938 furono condannati perché le accuse sono state provate. In questo contesto è utile ricordare ciò che Berthold Brecht scrisse su questi processi, per esempio la concezione degli accusati.

«Una falsa concezione li ha condotti ad un profondo isolamento e al crimine. Tutte le canaglie del Paese e dell’estero, tutti questi parassiti hanno visto instaurarsi in loro il sabotaggio e lo spionaggio. Avevano gli stessi obiettivi dei criminali. Sono persuaso che questa è la verità, e che come tale sarà intesa nell’Europa dell'Ovest, anche dai lettori nemici...Il politicante che ha bisogno della disfatta per impadronirsi del potere, persegue la disfatta. Colui che vuol essere il "salvatore" opera per mettere in atto una situazione nella quale potrà "salvare", e quindi una situazione cattiva... Trotsky ha dapprima interpretato il crollo dello Stato operaio come una conseguenza della guerra, o meglio del pericolo da essa rappresentato, ma più avanti la stessa è divenuta per lui un presupposto alla sua azione pratica. Se la guerra arrivasse, la costruzione "precipitata" sprofonderebbe, l'apparato sarebbe isolato delle masse. All’esterno occorrerà rinunciare all’Ucraina, alla Siberia orientale, ecc... All'interno, bisognerà fare concessioni, tornare alle forme capitaliste, rinforzare o lasciare rinforzarsi i gulag; ma tutto ciò va nella direzione di una nuova azione, il ritorno di Trotsky. I centri anti-stalinisti non hanno la forza morale di ricorrere al proletariato, non tanto perché siano vigliacchi, quanto piuttosto perché non possiedono una reale base organizzata in seno alle masse, non hanno niente da proporre, non hanno compiti da assegnare alle forze produttive del Paese. Dunque, confessano. E possiamo pensare che confessino anche più di quanto non ci si aspetterebbe. » (B.Brecht, scritti sulla politica e la società, L.I. 1919-1941. Aufbau-Verlag. Berlino e Weimar 1968 - p.172 e segg.)

Se partiamo dal presupposto che Davies e Pritt (e Brecht), con il loro giudizio sul processo di Mosca, avevano ragione, allora bisognerà porsi necessariamente una domanda: coloro - come Kruscev e Gorbaciov - che hanno dichiarato vittime innocenti i condannati dei processi di Mosca, non l’avranno fatto perché simpatizzavano con essi, o erano addirittura loro complici, e volevano quindi metter fine ad un’impresa fallita?

 

 

Il sessantesimo anniversario della vittoria sovietica sul fascismo

«Scommessa vinta per Vladimir Putin. Il presidente russo è riuscito a riunire ieri a Mosca, in un’atmosfera di grande consenso, il fior fiore dei dirigenti mondiali per celebrare il sessantesimo anniversario della vittoria del 1945 sul nazismo. La parata militare, cui partecipano più di 7000 soldati e 2500 vecchi combattenti della Seconda Guerra Mondiale, ha preso il via non appena le campane hanno scandito le dieci. Tre soldati hanno attraversato la Piazza Rossa, recando la bandiera dell'armata sovietica, ridivenuta l'emblema dell' esercito russo con Vladimir Putin. Egli, che si è impegnato sin dal suo arrivo al potere nel 2000 a restaurare la perduta grandezza della Russia, ha tenuto a sottolineare nei suoi discorsi il ruolo essenziale dell'Unione Sovietica - con i suoi 27 milioni di morti - nella vittoria sul nazismo, pur senza mettere a disagio i suoi ospiti. Esprimendosi davanti ad una sessantina di dirigenti stranieri, fra i quali il presidente americano George W.Bush, quello francese Jacques Chirac e il cancelliere tedesco Gerhard Schröder, Putin ha approfittato dell’occasione per mettere l’accento sulla nuova alleanza contro il terrorismo. Il padrone del Cremlino ha evitato ogni soggetto delicato e ogni possibile allusione alla polemica con gli stati baltici e gli Stati Uniti sull' "occupazione" sovietica seguita alla liberazione dell'Est europeo da parte dell’Armata Rossa, termine energicamente respinto da Mosca. Unica nota stonata, alcune migliaia di comunisti russi hanno manifestato ieri nella capitale invocando le dimissioni di Putin e la glorificazione di Stalin. D'altronde, il viaggio dei leaders mondiali era stato sconfessato dai difensori dei diritti umani e dai separatisti ceceni, che ne avevano denunziato domenica il "cinismo".(AFP)» (La Piazza Rossa fa piazza pulita - martedì 10 Maggio 2005)

http://www.20minutes.fr/journal/monde/article.php?ida=51161)

«Più la guerra si allontana, più se ne parla a sproposito!» Ivan, 81 anni, il petto bardato di stelle e di nastri, sfilerà oggi fra gli ex-combattenti sulla Piazza Rossa. Ma è ben consapevole di non essere altro che un attore, chiamato a recitare in una grandissima messinscena della Storia. «Quest'anno ho particolarmente esitato a partecipare – confessa questo veterano, incontrato in una delle numerose prove della cerimonia organizzate nelle scorse settimane nel centro di Mosca. – Sono deluso dal nostro governo, che ci ha appena privati di una lunga serie di vantaggi sociali, e vedo che della libertà per cui abbiamo combattuto beneficiano soprattutto i capitalisti che occupano ora la Russia! È senza dubbio l'ultima volta che ho la forza di partecipare a questa grande celebrazione. Sfilando sulla Piazza Rossa, avrò soprattutto un pensiero per Lenin e Stalin, che saluterò.» (Libération, maggio 2005)

 

 

"Nostalgie staliniste"

http://www.jeuneafrique.com/jeune_afrique/article_jeune_afrique.asp?art_cle=LIN05026nostasennei0

«Condotto nel giugno 2005 su un campione di 2000 giovani russi tra i 16 e i 29 anni, un terzo sondaggio conferma la tendenza. Stalin, del quale il 70% degli intervistati sa che ha "fatto torturare, imprigionare e uccidere milioni di innocenti", è paradossalmente considerato un "crudele tiranno" solo dal 43% di questi giovani. L’ambivalenza dei loro sentimenti, unita ad evidenti lacune storiche, li conduce addirittura a definirlo un "leader capace" (51% contro 39%) di cui è stato "esagerato il ruolo nelle repressioni" (42% contro 37%) e che, in definitiva, ha fatto "più bene che male" (56% contro 33%). Solo il 28% degli intervistati gli nega il merito della vittoria sul nazismo. La grande maggioranza di essi sembra ignorare le purghe massicce che egli inflisse all’Armata Rossa, indebolendola pericolosamente alla vigilia della Seconda Guerra mondiale. »

Se esistono "lacune storiche", ciò è evidentemente dovuto al fatto che la maggior parte dei russi è stata nutrita di menzogne durante mezzo secolo di potere revisionista-borghese… Oggi, persino gli storici anticomunisti più seri riconoscono che le cifre delle "vittime dello stalinismo" sono state gonfiate a dismisura: basti pensare che nel suo libro Le siècle soviétique (Fayard — Le Monde Diplomatique, Paris, 2003) Moshe Lewin dà per buona la cifra avanzata da Zeskov, secondo cui 700mila persone arrestate per ragioni politiche sarebbero state giustiziate fra il 1921 e il 1953. Insomma, questi storici "obbiettivi" cercano malgrado tutto di conservare intatto il mito del "terrore sotto la dittatura personale di Stalin"! (E, soprattutto, non arrivano un solo istante ad ammettere che, forse, questi condannati erano davvero colpevoli...)

 


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